Le sirene sono il simbolo antico della capacità di attrazione musicale verso
l’ascoltatore.
Il loro canto, specie quello notturno, aveva un fascino irresistibile.
Da ciò deriva la loro funzione simbolica nei riguardi della musica.
Premessa
Si fa notte!
Devi scegliere!
Leggerti un libro?
Oppure puoi leggere ed ascoltarti le musiche ‘particolari’ di un musicista della seconda metà del ‘900, ritenuto grande ma poco conosciuto.
Già il nome di questo sito è rappresentativo di una tendenza, di uno stato d’animo, di un mondo particolare di sognatori, cioè di coloro che si lasciano sedurre da una musica vicina alla solitudine della notte e dai suoi incantesimi. Infatti, quella che ascolteremo non coincide con un ascolto “diurno” ma riempie l’anima di chi, invece, dopo aver concluso una giornata colma di problemi e di fatiche, prova ad abbandonarsi al piacere “notturno” che corrisponde all’arte di un musicista come Arnaldo Ciato. Arte ricca delle sue composizioni riflettenti la sua più intima natura, i suoi umori, persino i suoi orari, la fascinazione per la “grande notte”, quando si radunano i più reconditi pensieri del proprio “sentire”. Bisogna anche rimarcare che tutte le composizioni di Ciato che ascolteremo riguardano il secolo scorso, dagli anni ‘50 sino al 2000, e sono espressione di quel periodo storico.
La scelta migliore: mettersi a letto con una cuffia e dedicare almeno un’oretta a questo ascolto; così si captano le varie sonorità, le varie sensazioni e ci si abbandona nelle braccia di Morfeo.
Naturalmente si parla di cuffie di buona qualità (i piccoli auricolari solitamente usati per il telefono cellulare, sono spesso carenti di frequenze ideali). Perché insistiamo sull’utilizzo delle cuffie? Perché in questi ultimi decenni, con l’immissione sul mercato di varie tecnologie tendenti a perfezionare il suono, è successo un po’ di tutto: l’analogico, il digitale e chi più ne ha più ne metta, con il risultato di ottenere suoni a volte più puliti, ma meno fedeli a quelli desiderati dall’autore. Purtroppo, se si è solo tecnici e non musicisti a tutto campo, non si riesce a concepire che l’ascolto di ogni genere musicale abbisogni di un ambiente adeguato. I teatri lirici sono stati costruiti con materiale e studi appropriati, così le sale da concerto o le strutture all’aperto e le sale di registrazione. Ergo: le buone cuffie mantengono, o si avvicinano almeno in parte alle frequenze volute dal musicista o concepite negli studi di registrazione. La superficialità, o la fretta, di ascoltare senza cuffie adeguate, compromette pesantemente l’ascolto delle musiche qui contenute. Se ascoltate questo materiale sonoro con tablet, computer, smartphone (naturalmente con le cuffie), mettete il volume al massimo. Se lo ascoltate con i normali lettori, attenetevi ai valori da noi via via consigliati.
Buon ascolto!
Arnaldo Ciato
Arnaldo Ciato è nato il 20 febbraio 1932.
È ancora impegnato musicalmente.
Ha rappresentato un caso unico nella storia della musica leggera italiana e non solo.
Considerare musica leggera quella di questo autore è sommamente riduttivo.
Una gran parte delle sue composizioni affonda le proprie radici nel gusto legato al musical, al jazz e al sinfonismo.
Ha iniziato giovanissimo, a soli tredici anni, ad esibirsi come pianista nelle orchestre legate ai “ritrovi” frequentati dall’esercito di ballerini dell’immediato dopoguerra.
Probabilmente è stato il maggior pianista di rilievo ascoltato in quei locali ed in quel periodo storico.
A sedici anni fonda un suo complessino di giovanissimi denominato “I ragazzi del jazz”, con il quale si esibirà nelle varie sale con il classico repertorio di “ballads” americane e musica swing allora di gran moda grazie al boogie woogie.
Gli Anni ‘50
In tutti i decenni trascorsi nei night e nelle stesse sale da ballo, fra l’altro nei locali più celebri dell’epoca, Ciato cercò di portare, con un importante intento e sforzo culturale, una visione nuova e diversissima all’interno del genere musicale di moda in quegli ambienti e non solo. Il suo sogno era di “liberare” le cosiddette balere da un gusto musicale ritenuto da lui essenzialmente banale, quindi migliorabile, e coinvolgere invece gli habitué a danzare con musiche più raffinate. L’intento era di far apprezzare brani che avevano una derivazione classico-jazzistica ed in parte influenzati dalle tendenze americane importate in Italia nel dopoguerra.
Ha perseguito questo progetto per tutta la vita.
I Ciato and Ciato’s
Ciato fondò negli anni ‘60 una celebre formazione, i “Ciato and Ciato’s”, con la quale conquistò un’importante rilevanza in tutti i locali dove si esibiva, e a partire dagli anni ’50 e’60 cominciò il suo iter discografico dove apparvero parecchie delle sue composizioni più importanti. Gli aficionado dei “Ciato and Ciato’s” seguivano sovente il gruppo nelle varie trasferte. Erano ormai abituati ed innamorati di quel genere di musica leggera. Ciato è stato, nel campo musicale qui raccontato, un autentico rivoluzionario!
Abbiamo chiamato la produzione di Ciato “La Grande Musica notturna”, in quanto quasi tutte le composizioni risentono del suo percorso esistenziale. Infatti, dai tempi delle prime sale da ballo del 1945 sino ad oggi, Ciato compone di notte e dorme di giorno. Non può farne a meno! I suoi bioritmi sono completamente rovesciati ed il fascino della notte, della sua solitudine e del suo silenzio sono per lui irrinunciabili! In questo sito cercheremo, con il materiale ritrovato, di ricostruire il percorso musicale e culturale di questo importante musicista. Abbiamo tra l’altro fatto stampare un fascicoletto dove lo stesso Ciato racconta la sua complessa vicenda nel mondo della musica, di quella leggera in particolare. Per conoscere meglio la personalità di questo artista, bisogna partire dalla feroce polemica di tanti anni fa che lo vide scagliarsi contro alcune tesi connesse ai giudizi critico-estetici di una certa “ortodossia imperante”. Arnaldo Ciato sosteneva che la musica poteva essere definita solo “o brutta o bella”, indipendentemente dal genere e che non era necessario, fra l’altro, stabilire se il fattore stilistico inficiasse o meno il valore di una composizione.
“Quando al musicista, all’artista viene l’ispirazione -era la sua tesi- egli si butta a capofitto nella realizzazione della stessa, con tutte le lacerazioni e contraddizioni implicite! Riversa sull’opera il suo “furore” creativo, praticamente tutto ciò che gli è “dentro”. Non segue necessariamente le eventuali implicazioni stilistiche. Il traguardo essenziale dell’artista è trasferire l’opera stessa dalle “viscere”, dalla personale competenza ed esperienza, alla realizzazione pratica; è come far nascere una creatura! Ergo: il giudizio sulla validità dell’opera non può essere lo stile, che è fine a sé stesso, ma il fatto emotivo che essa produce. Se qualsiasi musica, quadro, o libro, ti procura una emozione, vuol dire che è servita a qualcosa. Se questo non accade, il prodotto serve solo a soddisfare l’ego di qualche autore, magari ferratissimo sul piano tecnico ma non sul piano emozionale!”.
In altre parole, sosteneva Ciato, se una frase musicale, o un brano qualsiasi, stilisticamente può richiamare alla memoria lo stile di Bach, di Beethoven, oppure Debussy o altri, ciò non impedisce che la stessa musica sia di una bellezza o intensità emotiva tale da poterla definire un capolavoro.
“La storia della musica è piena di queste situazioni in cui ci sembra di ascoltare qualcosa di già noto. I suoni sono dodici, le combinazioni comunque non infinite, può pure succedere, come è sempre successo, che qualcosa richiami alla mente qualcos’altro. Succede da secoli! Nessuno si è mai scandalizzato! -continua Ciato- Il vero problema è stabilire se si tratti di plagio vero e proprio, che è perseguito per legge! Quando però una composizione sta in piedi con una sua struttura ben definita, non ha la stessa linea melodica, lo stesso substrato armonico, la stessa dinamica ritmica, la stessa sonorità complessiva di altre, ma crea comunque una reazione emotiva di fondo, allora gli stilemi servono a poco! Inutile cercare a tutti i costi, nella valutazione di una composizione, una predominanza stilistica su una valenza puramente musicale!”
Non solo: Ciato concludeva sostenendo che oggi come oggi ogni direttore d’orchestra di musica di ascolto di livello dovrebbe sentire la necessità, prima di ogni esecuzione, di spiegare all’ascoltatore, con una breve analisi, quanto andrà ad eseguire, aumentando così il suo interesse e forse anche la giusta percezione del significato artistico, specie per le forme musicali più complesse e non consuete.
L’amico Raf
Ecco una nota, una testimonianza del Maestro Raf Montrasio, chitarrista jazz e già chitarrista di Renato Carosone, insegnante di musica e fraterno amico di gioventù di Ciato.
“Arnaldo Ciato è un musicista forse non sufficientemente conosciuto per la sua importanza ma, per certi versi, uno dei più grandi nella storia della musica leggera. Due, per lo meno, le sue qualità essenziali: compositore notevole e particolare, ed infine arrangiatore fra i più importanti nel panorama musicale italiano. È considerato straordinario nell’uso degli archi, sia nei brani cantati che di sola orchestra, specie nelle “ballads” e nei brani dove l’atmosfera è pervasa da un certo “pathos”.
In molti dei suoi arrangiamenti gli archi ‘avvolgono’ il cantante in una sorta di fusione emotiva che, generalmente, colpisce qualsiasi buon ascoltatore. In alcuni momenti gli archi si “avviluppano” al cantante e alla composizione come l’edera, formando un corpo unico con tutto il resto del tessuto musicale. Insomma, una composizione nella composizione. Ricordo che se qualcuno gli rimproverava l’eccessiva funzione riservata agli archi, o all’orchestra, lui rispondeva che «la musica, quando riempie al meglio un quadro, finisce per dare più completezza ed emotività al quadro stesso e il compito del musicista è proprio questo. Il contrario può avere una giustificazione ed una funzione puramente commerciale ma non musicale, oppure una giustificazione per chi non è in possesso di queste caratteristiche. Comunque … de gustibus!
Essendo un musicista cresciuto nella musica classica, si è sempre inalberato per la mancanza di considerazione, nella musica leggera, dei colori, dei ‘diminuendo’ e dei ‘crescendo’, dei ‘piano’ e dei ‘forte’, insomma di tutte le sfumature che dalla musica arrivano al cuore. Per quale ragione chi usufruiva del cosiddetto genere “leggero” non doveva essere educato ad un ascolto più corretto e più utile emotivamente anche per sé stesso? Almeno nelle “ballads” e nei brani più confacenti? La natura musicale di Ciato è soventemente pervasa da un malinconico e lirico romanticismo moderno o anche da esplosioni liberatorie di natura ritmico- jazzistica. Per me questa è la sua grandezza!”
Uno dei concetti chiave di Arnaldo Ciato è: “Le definizioni tipo musica colta, musica seria, musica di alto livello, sono autentiche baggianate che non giovano all’allargamento della conoscenza musicale ma rischiano di allontanare sovente i possibili fruitori. La musica ha solo due definizioni: bella o brutta! Il resto sono chiacchiere di qualche esteta o qualche venditore di fumo!”
I brani ritrovati
Brani recuperati che possono essere ascoltati, scaricati e in alcuni casi reperiti su CD o vinile:
- Una raccolta di musica leggera (Anni ’60, ’70, ’80) da “Divagazioni” e “Ballate con noi” (Ed. Eleven).
- “Ciato Suite” (Musical) Anni ’90.
- Alcune esecuzioni “live” estemporanee di Ciato al pianoforte, con chiare contaminazioni jazzistiche. La raccolta si chiama “Piano jazzando … e altro”.
- “Sentiero”. Un Ciato laicissimo che compone brani impregnati di spiritualità negli anni ’50, ’60, ’70, ’80, ’90. Un Ciato che sosterrà per decenni di essere disperatamente alla ricerca di Dio, specialmente con la musica attraverso una serie di spirituals improntati alla difesa di Gesù. (Edizioni A.Brocca).
- Messa da Requiem (Anni ‘90).
- I Notturni (Anni ’60, ’70, ’80, ’90). Un esempio preciso di una fusione del linguaggio classico-jazzistico interpretato da Ciato.
Sul sito non sono presenti le musiche composte dal 2001 al 2020 per la Compagnia Teatrale “I Legnanesi”, in quanto appartenenti ad un genere musicale diverso da quelli qui trattati e mancano anche tante vecchie composizioni finite non si sa più dove. Queste verranno inserite nel momento stesso del loro ritrovamento.
Per tutte le composizioni che potranno essere scaricate si fornirà il link, per tutte le altre si fornirà una mail a cui potranno essere richieste.
Si raccomanda ancora di utilizzare una cuffia, meglio se buona, per l’ascolto di tutti i brani presenti sul sito. Motivo: da anni le cuffie producono un effetto molto più completo nel normale ascolto, grazie alle maggiori frequenze. Questo discorso vale ancor più per queste musiche, specie le più recenti, dove i ‘piano’ e i ‘forte’ potrebbero indurre ad un uso scorretto dei volumi. Basta collegare la cuffia ad un normale lettore e posizionare il volume d’ascolto intorno al 70-80% (dipende dalle caratteristiche dello stesso lettore e dalla potenzialità naturale dell’ascoltatore a raggiungere le citate frequenze).
Ancora più importante sarà la lettura preventiva delle relative ed esaurienti recensioni dei singoli brani in ascolto, esattamente nel quadro di quanto ha sempre sostenuto l’autore.
Gli Anni ’60,’70,’80
Stante che le composizioni di Arnaldo Ciato sono centinaia e non tutte rintracciabili, inseriremo su questo sito tutto il materiale effettivamente registrato e quello che abbiamo reperito attraverso vecchie musicassette trovate qua e là, anche se di qualità di ascolto ovviamente minore.
Qui di seguito abbiamo selezionato quattro brani di musica leggera anni ’60, ’70, ’80 da lui composti ed arrangiati, scelti appositamente perché in questi brani sono già in chiara evidenza alcune delle peculiarità di Ciato riguardo all’utilizzo degli archi.
I brani sono stati ricavati dalla Compilation 1, che troverete successivamente e che ne raccoglie in tutto tredici di diverso stile.
BRANI IN EVIDENZA
“IMMAGINE”
Ballad anni ‘70, cantata in inglese da Piero Cotto con il titolo “Can you imagine”. È una composizione nata su testo del cantautore Dario Desi. Molto struggente l’atmosfera. Qui troviamo un esempio della famosa bravura di Ciato nel rivestire gli arrangiamenti con l’uso personalissimo degli archi. Infatti in questo pezzo mostra la grande sensibilità verso il loro colore ed utilizza, assieme all’intera sezione, un violino ed un violoncello come solisti dialoganti all’interno della struttura musicale, creando una coinvolgente atmosfera globale. Qui volle come violinista l’amico Raf perché, a suo dire, non essendo un vero violinista gli riportava alla memoria il suono povero ed incerto dei violinisti di strada, il loro vibrato largo, malinconico e struggente. Bellissimo!
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“ARIA PER ELISA”
(Anni ‘60) Brano stupendo dedicato da Ciato alla giovane moglie. Promana un’atmosfera molto classicheggiante e struggente. Il tema è eseguito da un’armonica a bocca e gli archi sono i veri protagonisti dell’esecuzione. Presentato dall’editore Aldo Pagani all’interno di una delle più grandi fiere del mercato discografico (Midem), si racconta che un gruppo di tedeschi interessati, alla fine dell’ascolto, si alzò in piedi per applaudire.
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“LONG WAY TO THE SACRIFICE”
(Anni ‘70) Composizione di Ciato che fotografa la spinta dello stesso verso forme musicali insolite nella musica leggera. Più vicina alla musica da film, nasce su una poesia di Dario Desi tradotta in inglese e interpretata dall’altro cantante dei “Ciato and Ciato’s” Claudio Borroni. Quest’ultimo era entrato nel gruppo a soli 19 anni e si era specializzato nell’interpretazione di brani stilisticamente in linea coi gruppi dell’epoca (Beatles, Rolling Stones ecc. ecc.), per avvicinarsi ultimamente al jazz. Questo brano è parecchio interiorizzato ed in esso è presente la cupa e un po’ disperata immagine del mondo della droga. Un quadro della sensibilità compositiva e della ricca varietà sonora degli arrangiamenti di Ciato. Sono state qui volutamente alterate dal fonico le ‘esse’ della voce di Claudio per ottenere un effetto sibilante un po’ sinistro sull’intera visione del tema. Formidabile.
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“QUESTO SILENZIO TUO”
(Anni ‘90) É forse il brano più intenso dell’album “Sentiero” (Ed. A. Brocca), di cui è la punta di diamante. Fa parte dei pezzi di grande ricerca spirituale del laicissimo Arnaldo Ciato. É la storia di una donna che, con l’andar degli anni, perde dentro di sé la presenza di Dio e che si accorge che tutto ciò comporta per lei un immenso vuoto esistenziale. Da qui una disperata preghiera affinché questo vuoto venga in qualche modo colmato. Intensa l’interpretazione di Patrizia Ferrari, già cantante femminile dei “Ciato and Ciato’s”. Bellissima l’atmosfera creata dall’orchestra e il solito perfetto uso degli archi.
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È composta da 13 brani, ballabili compresi, ricavati da diverse registrazioni, sapientemente miscelati:
“HER”
“NADA DE NADA”
“ARIA PER ELISA”
“IMMAGINE” (versione con testo in inglese ‘’Can you imagine’’)
“CIATO BOOGIE”
“FRATERNITÁ’”
“LONG WAY TO THE SACRIFICE”
“CANTINA BAND”
“RAGAZZO MIO”
“TURQUOISE”
“SIAMO SOLI”
“HANNIBAL OF THE ALPS”
“QUESTO SILENZIO TUO”
Tutto il materiale musicale di queste raccolte è stato ricavato dai seguenti long-playing: “Divagazioni”, “Ballate con noi” , “Piero Cotto” delle Edizioni Eleven e “Sentiero” delle Edizioni A. Brocca.
Naturalmente, stante il fatto che i brani appartengono ad epoche diverse (quindi non sono stati registrati nello stesso studio e spesso non sono stati nemmeno rifiniti), le varie sonorità sono differenti fra loro.
COMPILATION 1
“HER” Brano stupendo di Ciato (Fine anni ’60, inizio anni ‘70). Importanti l’atmosfera creata dall’orchestrazione e la bellissima voce di Piero Cotto, dotato di una timbrica che in Italia, all’epoca, era pressoché assente, una voce baritonale alla Isaac Hayes o alla Barry White. Proprio per queste caratteristiche Piero Cotto registrava tutto in lingua inglese, più confacente alla sua vocalità. Cotto si era innamorato di questa canzone di Ciato dopo averla ascoltata in italiano cantata dallo stesso autore. Volle interpretarla con un testo inglese ma con la stessa base, con l’unico inserimento di un assolo jazzistico centrale di un bravo chitarrista. Esecuzione splendida!
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“NADA DE NADA” (1977) Brano di Ciato su uno spunto di poche misure dell’amico fraterno Raf Montrasio. Raf è stato un suo compagno di gioventù, chitarrista jazz di notevole spessore e musicalità, già chitarrista di Carosone nell’ultima tournée all’estero, artista vero che a varie riprese suonò con Ciato per almeno trent’anni. Il brano fa parte dei tanti ballabili del repertorio dei “Ciato and Ciato’s” e va ascoltato in quell’ottica. Essendo in quell’epoca molto di moda il cha-cha-cha, il pezzo ebbe un ottimo successo nelle sale da ballo. È incentrato su un tema iniziale, alcuni riff fra piano e orchestra ed un unico e bellissimo assolo alla chitarra dello stesso Raf.
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“ARIA PER ELISA” vedi recensione precedente.
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“IMMAGINE” vedi recensione precedente.
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“CIATO BOOGIE” È un boogie woogie classico, composto da Ciato alla fine degli anni ‘40 e qui eseguito con una Big Band che rafforza i “Ciato and Ciato’s”. Molto utilizzato dal gruppo nelle sale da ballo dell’epoca e modificato nella durata per permettere alle tante coppie di ballerini, che si sfidavano fra loro, di sfoderare tutta la serie di evoluzioni tipiche di questo genere. Qui Ciato dà una prova della sua grande capacità pianistica.
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“FRATERNITÁ” (Anni ‘60) Canzone un po’ particolare: Ciato ascolta lo spunto di un giovane cantautore napoletano sconosciuto e rimane colpito dalle prime parole e dall’attacco del tema. Decide di musicarlo e, con l’aggiunta di alcune varianti al testo, lo arrangia e lo registra negli anni ‘70. Importante l’interpretazione vocale di Nicola Francone, cantante di classe, sensibilità e sostanza, inserito nei “Ciato and Ciato’s” nel 1970 e lì rimasto sino allo scioglimento del gruppo. Notevole l’atmosfera che accompagna l’esecuzione.
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“LONG WAY TO THE SACRIFICE” vedi recensione precedente.
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“CANTINA BAND” (1977) La composizione è di John Williams, grande musicista autore della colonna sonora del film “Guerre Stellari”. Il produttore Aldo Pagani, visto il successo del film, pregò l’amico Ciato di produrre questo pezzo con un arrangiamento particolare e con tutta una serie di variazioni sul tema. Nell’esecuzione Ciato mette in evidenza la sua sicura e viva abilità pianistica.
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“RAGAZZO MIO” (Fine anni ‘60 ma registrata negli anni ‘90) Appartiene al CD “Sentiero” (Edizioni A. Brocca). É un brano intenso e polemico. Tratteggia nel testo e nell’interpretazione vocale dello stesso Ciato la grande delusione per certe tesi maturate in quel periodo di crisi sociale e l’accorato invito ad un ipotetico ragazzo dell’epoca affinché non dia retta ai tanti falsi profeti che lo circondano ma trovi un senso alla propria esistenza. Brano molto importante, eseguito su ritmica di bossa nova e giudicato, da alcuni, come un piccolo gioiello.
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“TURQUOISE” (Anni ‘70) É la trasposizione in forma di ballabile della celebre Marcia Turca di Mozart. Venne richiesta dal produttore Aldo Pagani all’amico Ciato che volle inserire un cameo dell’amico Raf alla chitarra e la registrò con i “Ciato and Ciato’s”.
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“SIAMO SOLI” Questo brano è la versione italiana di Her brano d’apertura di questa compilation. Qui è interpretato dallo stesso Ciato. Atmosfera intensa con testo italiano, amaro come la stessa musica.
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“HANNIBAL OF THE ALPS” Fa parte di un’immaginaria rievocazione della storica calata di Annibale attraverso le Alpi. Sviluppato in forma di bolero, vagamente raveliano, cerca di trasmettere musicalmente certe sensazioni antiche. Viene composto da Ciato e registrato con i “Ciato and Ciato’s” negli anni ’70.
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“QUESTO SILENZIO TUO” vedi recensione precedente.
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Gli Anni ‘90
“CIATO SUITE”
(Musical anni ‘90) (Ciato suite 1, 1bis, 2, 3, 4, 4bis, 5)
Negli anni 1996 e 1997 Ciato compone una Suite in forma di musical, con ambientazione anni ‘50 e che, sparita per lungo tempo nel nulla, viene riscoperta dopo più di vent’anni da uno dei protagonisti vocali, il cantante Nicola Francone. Viene trovata su musicassetta e ritenuta non completata da un punto di vista organico e del mixaggio, dunque non una registrazione finita. Senza considerare che, per terminarla, furono utilizzati anche strumenti “finti”, non avendo mezzi economici per fare diversamente.
Racconta Ciato: “La storia di questo musical è complessa e vagamente misteriosa. Nasce con la collaborazione di una signora inglese sulla cinquantina che lavorava per varie case editrici musicali di Milano e segnalatami da un amico musicista. Questa signora veniva incaricata di trasformare in lingua inglese parecchi testi di canzoni italiane destinate al mercato estero. Era, come si diceva, una vera e propria paroliera.
Dopo aver ascoltato la storia del mio progetto e la musica già composta, si entusiasma e si mette al lavoro.
Una sera d’estate viene ad assistere ad un concerto all’aperto dove, fra le altre esecuzioni, vengono proposti i brani musicali di questo nascente musical con i testi già da lei completati in lingua inglese. Siccome l’esecuzione ebbe un certo successo la signora se ne tornò a casa conquistata, promettendomi di completare il lavoro in breve tempo. Per ragioni ancora oggi misteriose, non l’ho più rivista! Chiesi allora sue notizie allo stesso musicista che me l’aveva presentata. Costui fece ricerche a Milano, presso le varie case editrici. Risultato: era partita improvvisamente per l’Inghilterra, era rientrata al suo paese, non si sa per quale urgente ragione. Sparì letteralmente, senza lasciare alcuna traccia.
E così, questo musical, nato in lingua inglese, è rimasto lì, nell’ombra, per un quarto di secolo. Stante la sua riscoperta intendo riproporlo musicalmente, almeno nei brani ultimati, anche se manca la registrazione con un’orchestra vera e un vero mixaggio. Aggiungo una precisazione: questo lavoro, depositato come “Ciato Suite”, quindi senza ancora un nome ufficiale, in effetti aveva una struttura tutta particolare, non era un vero e proprio musical, ma la storia singolare di due coppie di cantanti, una di musica leggera e l’altra di musica lirica.
L’inizio della rappresentazione vede un uomo, cantante di musica leggera, che passeggia su un viale alberato. Ad un certo punto incrocia sulla strada una bella e giovane donna ferma su un marciapiede e istintivamente le rivolge la parola chiedendole qualcosa.
Da questo banale approccio si scopre che la donna è anch’essa una cantante di musica leggera ma che, per vicende esistenziali, è finita sul “marciapiede”. La situazione rende intrigante, anche sul piano umano, tutta la questione. Mentre questa coppia discute delle proprie vicende, viene avvicinata casualmente da un’altra coppia per chiedere informazioni. Da questo casuale incontro si viene a conoscenza che anche questa seconda coppia è fatta da due cantanti, ma di musica lirica, tenore e soprano, e con qualche anno di età in più.
Le due coppie simpatizzano e decidono di andare a festeggiare l’evento in uno dei più bei locali della zona, una specie di “rotonda sul mare” di grande successo dove, oltre al ballo, si susseguono grandi numeri di varietà ed esibizioni di vario genere.
Affascinati dall’atmosfera, ad un certo punto decidono di salire sul palcoscenico e di esibirsi in pubblico: prima la coppia di musica leggera con un delizioso swinghetto, subito seguita dall’intervento dei due lirici che, con una esecuzione e una musica più consone alla loro vocalità, si uniscono per un finale bellissimo, in quartetto, con una musica liricheggiante. I quattro ottengono un notevole successo, che rinsalda la loro occasionale amicizia. Siccome la spiaggia è a pochi metri di distanza, alla fine della serata le due coppie escono dal locale e si avvicinano alla stessa e, guardando il mare notturno con una magica luna d’estate, chiudono la Suite cantando lo stesso finale eseguito precedentemente. La paroliera inglese doveva ancora completare solo le parti recitate, cioè tutto ciò che faceva da collante con le musiche, ma la sua sparizione lo ha reso impossibile. Ho ritenuto però di promuovere l’ascolto di questo musical, sia pure a distanza di anni, anche per la sua valenza storico-musicale!”
Il susseguirsi di varie e diverse situazioni musicali, rappresenta esattamente i diversi cambi scenici e teatrali.
Interpreti vocali: per la coppia di musica leggera Patrizia Ferrari e Nicola Francone, per la coppia di lirici Virginia Guarino ed Edmondo Ruisi.
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Il jazz
“PIANO JAZZANDO … E ALTRO”
Trattasi di cinque esecuzioni di Arnaldo Ciato al pianoforte in concerti live. Sono state assemblate in quanto rappresentano una testimonianza della sua passione per il jazz e del suo pianismo legato a questo genere. Queste cinque esibizioni evidenziano la sua mutazione stilistica negli anni: 1962, 1985, 1987, 2016 e 2018. Quest’ultimo concerto, a favore di un giovanissimo pianista autistico, è stato realizzato all’età di 86 anni, senza più esercitazioni sullo strumento.
Ciato racconta che la sua passione per il jazz risale alla fine degli anni ‘40.
I modelli pianistici che lo conquistarono sono essenzialmente quelli di tre colossi: Art Tatum, Oscar Peterson ed Erroll Garner. Come potrete ascoltare si tratta di registrazioni estemporanee. Quella del 1962 viene registrata con mezzi di fortuna d’altri tempi, su un palchetto di una sala da ballo. Sonorità, pertanto, un po’ scadenti e confuse dove è però evidente l’importante assolo pianistico di Ciato alla Peterson. Se le prime due esibizioni, del 1985 e 1987 da Europa Radio Jazz, vedono un artista più ricercatore, nelle ultime due del 2016 e 2018 si può ascoltare un Ciato oramai ultraottantenne, più vicino ad Art Tatum ed Erroll Garner, che partecipa a due concerti particolari. Il primo viene organizzato al teatro Manzoni di Busto Arsizio (Varese) ed è una manifestazione in memoria dell’amico fraterno Raf Montrasio, deceduto il 23 ottobre 2015, a 86 anni.
Per l’occasione il 30 ottobre 2016, fra i tanti musicisti partecipanti salgono sul palcoscenico anche alcuni dei suoi vecchi orchestrali. I “Ciato and Ciato’s” si ritrovano dopo tanti anni e l’emozione è tangibile. Nonostante non ci sia stato nemmeno il tempo di provare seriamente, il gruppo si accorda per l’esecuzione di due brani ben collaudati, cavalli di battaglia di qualche decennio prima: “Yesterdays” (di Jerome Kern) eseguito in trio (pianoforte, basso e batteria) e “What’s New” (di J.J. Johnson). Per questo evento il gruppo è composto dai cantanti Claudio Borroni e Nicola Francone, dal bassista Fabio De March, dal batterista Flavio Pedrazzini e da Maurizio Longoni al sax soprano. Alla fine della loro esibizione gli organizzatori proiettano su un apposito schermo anche una clip di Raf che parla dell’amico Ciato. Di questo concerto esiste anche un video (vedere link). Ascoltando questi brani risulta evidente il tipo di pianismo di Ciato che molti descrivono come “stride”; un’esibizione che ci regala un esempio extra compositivo del nostro Maestro. Nota finale: le esecuzioni di “Yesterdays” di Kern hanno sempre fatto parte del repertorio pianistico di Ciato che si era innamorato di questo brano dopo averlo ascoltato per la prima volta alla Radio RAI nel 1953 eseguito dal grande Art Tatum; da allora lo inserirà praticamente in tutti i suoi concerti.
In questa raccolta abbiamo selezionato ben tre versioni, ricavate da varie musicassette nell’arco di 35 anni.
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- 1962: ‘’Dedicato a Peterson’’
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2. 1985: EUROPA RADIO JAZZ, ‘‘Yesterdays’’
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3. 1987: EUROPA RADIO JAZZ, ‘‘32’’, ‘’Autunno a Milano’’
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4. 2016: Concerto in memoria di Raf, ‘’Yesterdays’’, ‘’What’s New’’
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5. 2018: Ultimo concerto live al Teatro Giuditta Pasta di Saronno (Varese)
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Link spezzone video concerto per Raf
Percorsi dello Spirito
Un uomo alla ricerca di Dio. Un laico che segue il suo percorso, un tragitto lungo cinquant’anni, affrontando ansie, dubbi, speranze, a volte disperazione, il cercare ostinato, inesausto, i momenti di smarrimento e quelli di fervore, gli interrogativi e le invocazioni, anelando a qualcosa che possa sollevare il velo che ha davanti a sé.
La fine delle sue fatiche si avvicina, una nuova consapevolezza fa crescere in lui la convinzione dell’approssimarsi dell’evento, ovvero la risposta alle sue domande. Un segnale misterioso, interiore, fatto di voci segrete e di intime sensazioni suggerisce di guardare indietro e di ripercorrere i propri passi raccogliendo le esperienze vissute, come testimonianza. Ma l’uomo è un musicista, il suo mondo è fatto di note e di poesia. Per lui è giunto il momento di riunire le composizioni musicali, disseminate nel tempo, che lo hanno accompagnato e aiutato in questa particolare instancabile ricerca.
Infatti, dopo il CD “Sentiero”, la logica e ultima conclusione di questo viaggio spirituale sarà la monumentale Messa da Requiem.
Sentiero
Arie, canzoni e notturni dello spirito (Ed. A. Brocca)
“Uomo, donna o ragazzo: se per ventura dovesse
capitarti di ascoltare questo CD,
fallo di sera, prima di coricarti, forse aiuterà anche te a cercare Dio.
Non so se questa è una strada sicura per tutti,
per me lo è da mezzo secolo.
Spero che, grazie a questo lavoro, tu possa scoprirla, da qualche parte.
È l’unica ragione di questo mio lavoro.
Ti ringrazio.”
Arnaldo Ciato
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STRUTTURA DELL’OPERA
I temi musicali raccolti in questo CD coprono un arco temporale lungo mezzo secolo. Alcuni sono stati composti nel dopoguerra e nei primi anni ‘50, altri sono recentissimi; anche qui è evidente la diversità stilistica fra di essi e le diverse sonorità dovute alle varie epoche e ai vari piccoli studi di registrazione. La collocazione dei brani nel CD non segue un itinerario cronologico preciso, ma un percorso tematico che cerca di mettere a confronto e alternare stili e generi musicali diversi.
UNA CHIAVE INTERPRETATIVA
All’interno dell’opera emergono con chiarezza quattro figure fondamentali che interpretano i brani: un uomo, una donna, un vecchio e il coro. Si tratta di figure simboliche a cui affidare il senso di universalità dei temi. Ognuna di queste figure rappresenta sé stessa senza una nozione di tempo o di luogo: l’uomo, la donna, il vecchio (a cui curiosamente e per ragioni autobiografiche presta la voce l’autore) e il coro (presenza collettiva e metafora della comunità), hanno esattamente questa funzione. In alcuni temi (“Vieni o mio Dio”, “Padrone delle cose”, “Buon Natale a voi”, “Sentiero”) le quattro figure spesso si integrano nella singola composizione, alternandosi nell’interpretazione di un unico testo letterario, testimoniando il carattere universale dei contenuti.
“QUESTO SILENZIO TUO”
Una donna, dal fondo di un oblio durato troppo a lungo, scopre improvvisamente l’immenso vuoto che la circonda e, sentendo Dio quasi cancellato dalla propria esistenza, lancia una disperata invocazione. Il tema, di ispirazione lirico-sinfonica, apre e chiude il CD con due diverse versioni: la prima interpretata da una cantante di musica leggera, Patrizia Ferrari, la seconda da una cantante di musica lirica, Virginia Guarino. Questa scelta di apertura e chiusura affidata alla figura della donna ne sottolinea il ruolo fondamentale all’interno della problematica esistenziale che ispira questo lavoro.
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“O SIGNORE TU”
La stupefazione dell’uomo di fronte alla scoperta che Cristo è venuto al mondo anche per lui. Il tema è di intonazione lirica e di ispirazione natalizia, l’interprete è Marcello Merlini.
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“AVE MARIA”
Ispirato da un’idea musicale di un giovane amico ed allievo, Arturo Paro, racchiusa sostanzialmente nelle prime note del tema, l’autore ha sviluppato questa composizione conferendole un’atmosfera notturna, ottenendo così un’interpretazione prima intimistica poi struggente ed intensa. Canta Patrizia Ferrari.
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“PADRONE DELLE COSE”
La presenza di Dio si avverte in ogni cosa che ci circonda. Le figure simboliche che rappresentano l’umanità sono testimoni di questa presenza. Il brano è interpretato da Patrizia Ferrari, Nicola Francone, Arnaldo Ciato e il Coro “La Soffitta”.
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“QUELLA CROCE”
Brano dedicato interamente alla figura di Gesù, dove musica e testo si fondono mirabilmente nel ricreare un’atmosfera di dolore per l’ingratitudine ed il tradimento di troppi uomini verso Colui che diede la propria vita per la loro salvezza, rivolgendo infine una sorta di accorata preghiera allo stesso Gesù affinché possa compiere un ultimo miracolo per il loro immeritato riscatto. Naturalmente tutto ciò viene vissuto come una semplice, disperata speranza. Cantano Patrizia Ferrari e Arnaldo Ciato.
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“JESUS”
Da un testo di pochissime e ripetute parole in latino e poi in italiano l’autore trae una singolare composizione che vede all’inizio un coro esporre, in una situazione ambientale molto antica, un tema di sapore evocativo su tempi lentissimi. Alla fine di questo tema l’autore, attraverso una ritmica vicina ai nostri tempi e che sembra sorgere dal nulla, conduce i protagonisti, cantante e coro, a confluire idealmente nella nostra epoca, come in un cammino unitario tra i secoli. Questo attraverso un tema attuale e rockeggiante che, usando le stesse parole e senza tradirne lo spirito, porterà alla fine la composizione stessa ad una fusione fra il tema antico iniziale e la ritmica moderna. Nel finale tutto si stempera ed il coro ci riporta indietro nel tempo, così come si era partiti. Cantano il Coro “La Soffitta” e Patrizia Ferrari.
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“BUON NATALE A VOI”
L’universalità dell’evento natalizio vissuto attraverso le emozioni più vere che tutte le genti, in ogni tempo e luogo, hanno provato e provano nella magica festa che commemora l’avvento del figlio di Dio. Il brano è per eccellenza di ispirazione natalizia ed è interpretato da Nicola Francone e il Coro “La Soffitta”.
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“VIENI MIO DIO”
Due voci si intrecciano in una preghiera. Un vecchio rievoca i momenti lontani e vicini più importanti della sua vita. Una giovane donna lo assiste nella reminiscenza, sostenendone la stanca voce quasi a farsi tramite con il presente. Il vecchio invoca Dio affinché gli si riveli, concedendogli di chiudere in pace con sé stesso la sua lunga e sofferta esistenza. Il brano è interpretato da Arnaldo Ciato e da Patrizia Ferrari.
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“SENTIERO”
Si conclude idealmente il lungo percorso. Il vecchio avverte un senso di premonizione a cui non si sottrae, anzi affronta quello che appare il momento più drammatico della sua esistenza lasciando emergere la complessità del suo stato d’animo. Serenità, ironia, un po’ di follia, un velo di malinconia, una rassegnata attesa e l’ansia di trovare in tempo il sentiero che gli farà da guida, lo accompagnano in questi momenti. Il vecchio con la sua caratteristica voce tempera l’angoscia dell’evento chiedendo, prima ad un altro vecchio come lui, poi direttamente a Dio, la strada sicura per raggiungerlo. La struttura musicale di questo brano è inusuale. Un tema melodico semplice e apparentemente scherzoso si sovrappone ad un ossessivo tappeto ritmico, mentre una voce di donna fa da controcanto. Ne scaturisce un intreccio che esprime i vari stati d’animo presenti nel testo. Il brano è interpretato da Arnaldo Ciato, la voce femminile è di Patrizia Ferrari.
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“CIELO”
L’azzurro senza fine, nella sua suggestività e bellezza puramente fisica ed estetica, si carica di metafisicità e spiritualità diventando la meta delle preghiere e delle speranze di ognuno. Il brano è interpretato da Edmondo Ruisi e dal Coro “La Soffitta”.
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“RAGAZZO MIO”
Un ragazzo è di fronte ai problemi del nostro tempo. Un vecchio, attraverso la sua esperienza, cerca di trovare quelle che a suo giudizio sono le cause del grande malessere che mina la capacità del ragazzo di dare un senso alla propria vita. Un confronto generazionale senza la pretesa di proclamare verità assolute, ma un invito a cercare alcune risposte in Dio. Il brano è interpretato da Arnaldo Ciato.
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“UNA NOTTE E TU”
Il vecchio racconta l’ultimo incontro notturno con un antichissimo tempietto pagano sperduto nei boschi e diventato nei secoli una chiesetta cristiana. Un luogo magico e incantevole dove in gioventù egli si recava di notte ad ascoltare la voce misteriosa di un silenzio che gli parlava di Dio. Dopo molti anni ritrova la chiesetta abbandonata a sé stessa, devastata dall’incuria dell’uomo e dalla deturpazione dei boschi che la proteggevano. In lui si apre una ferita che non potrà mai più rimarginarsi. Un sognante e suggestivo affresco musicale interpretato con voce recitante da Arnaldo Ciato. Il brano è stato composto nel 1949 e pur sembrando ai margini del contesto dell’opera rappresenta per l’autore, laico, la primitiva scintilla che diede impulso alla sua personalissima ricerca di Dio.
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“QUESTO SILENZIO TUO”
È la versione lirica dell’esecuzione iniziale. Canta il soprano Virginia Guarino.
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“SIGNORE ASCOLTACI”
Preghiera, invocazione, in favore di un comune amico in grave pericolo di vita. Scritto a quattro mani da Ciato e Nicola Francone (dei “Ciato and Ciato’s”) e cantato dal tenore Emilio Noli e dal Coro “La Soffitta”.
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Messa da Requiem
Guida all’ascolto della Messa da Requiem di Arnaldo Ciato
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La lettura preventiva dei pareri che seguiranno favorisce idee importanti per una eventuale realizzazione della Messa da Requiem nell’ambito di un progetto scenico. Ciato avrebbe voluto rifare il mixaggio ma cause di forza maggiore lo hanno impedito. I veri protagonisti di questo gigantesco e moderno lavoro sono due: coro e orchestra. All’interno del coro si stagliano tre figure particolarmente significative: un tenore, un mezzosoprano e un baritono, quest’ultimo nella veste di un ipotetico officiante, ovverosia colui che, nel nostro caso, conduce a livello religioso-interpretativo buona parte degli attacchi tematici. I tre solisti sono l’emanazione vocale degli appartenenti allo stesso coro e sono stati scelti in base alla loro timbrica vocale, ritenuta più adatta a questa particolare opera. Certamente sarebbe occorso un coro reale di almeno 120 persone ma, per problemi tecnici ed economici, questo non è stato possibile.
È una Messa da Requiem con possibili risvolti teatrali e qualche affinità con il musical. Crediamo che questa messa sia l’unico caso in cui, al suo interno, il testo in latino venga cantato anche in una traduzione in italiano foneticamente calcolata.
Non si commetta l’errore di ascoltarla prima di aver letto tutti i dettagli qui elencati.
Questa particolarissima opera musicale richiede, inoltre, che le cuffie utilizzate siano di buona qualità. Il rischio è di perdere tutte le dinamiche sonore che la contraddistinguono, compresi i ‘piano’ e i ‘fortissimo’.
I vari strumenti tecnologici deputati all’ascolto non sempre sono adeguati a cogliere gli effetti previsti.
Tenuto conto dei suoni che in questo genere musicale variano dai ‘pianissimo’ ai ‘fortissimo’, si raccomanda un ascolto medio basato sul 63% della potenzialità dei normali lettori e un ascolto al massimo volume per gli altri riproduttori (computer, tablet, smartphone).
“MESSA DA REQUIEM”
Valutazioni da parte di vari musicisti ed esperti.
Maestro Roberto Salvalaio
Direttore d’orchestra, compositore, docente, direttore musicale del Teatro dell’Opera di Ulaanbaatar, direttore dell’Orchestra Filarmonica di Bacau, grande elaboratore delle musiche e direttore dell’orchestra sinfonica per Astor Piazzolla:
“La Messa da Requiem di Ciato è molto bella, ha una armonizzazione affascinante, è il frutto di un lavoro di registrazione gigantesco. C’è un percorso musicale notevole. Realizzarla dal vivo non è semplice, occorrerebbero un coro di oltre cento persone, un organico orchestrale eccezionale e, forse, sei mesi di prove.”
Lettera inviata il 27/11/2018 dal Maestro Salvalaio a Ciato:
Gentile Maestro Ciato, ho letto e suonato al pianoforte il Suo “Requiem” inviatomi in partitura manoscritta e devo dire che sono rimasto molto colpito specialmente dall’idea che Lei ha impresso ad un’opera come questa. Ho notato che all’interno ci sono una molteplicità di stili che spaziano nei vari generi musicali, sicuramente frutto delle Sue esperienze in qualità di interprete che rendono quest’opera interessante e piena di sorprese sia per l’organico strumentale sia per la parte corale. Vista l’orchestrazione intensa sia per numero di esecutori che per i volumi sonori, credo si debba necessariamente pensare ad una compagine corale di notevoli dimensioni in modo da equilibrare il peso sonoro dell’orchestra. Sicuramente si potrà anche pensare di ridurre le parti, ma sarebbe un vero peccato fare questo, sacrificando l’effetto della grandiosità del tutto. Pertanto, Le suggerisco, anche in virtù del fatto che un’orchestra e coro di notevoli dimensioni avrebbero dei costi esorbitanti, di pensare ad una orchestra “virtuale”, ossia servirsi di campionatori digitali che oggi hanno raggiunto livelli di ottima qualità, tanto da essere usati anche per la realizzazione di colonne sonore di importanti film con grande risparmio di tempo e denaro per la loro realizzazione. In questo modo potrà anche ridurre il numero dei coristi e rendere tutto più accessibile e realizzabile senza alterare la Sua idea che deve rimanere così come Lei l’ha concepita. Mi complimento ancora per il Suo lavoro e Le auguro di poterlo realizzare come Lei lo sente dentro, senza togliere nulla, ma restando il più fedele possibile alle intenzioni espresse nella Sua partitura. Cordialmente. Roberto Salvalaio
Maestro Aldo Pagani
Musicista, scopritore, editore e produttore di Astor Piazzolla:
“La Messa da Requiem di Ciato è bellissima, moderna, universale e con squarci musicali d’eccezione”.
Maestro Raf Montrasio
Notevole chitarrista jazz, già facente parte del celebre gruppo di Renato Carosone, per anni insegnante di musica presso il Collegio Arcivescovile di Saronno (Varese), musicista finissimo e di grande sensibilità; ebbe l’opportunità di ascoltarla prima della sua dipartita:
“La Messa da Requiem di Ciato è di una bellezza inusuale, a volte emozionante, a volte drammatica. Riflette un percorso musicale che va dal sinfonismo, al musical, al filone jazzistico – specialmente nell’armonizzazione – e perfino alla musica leggera: eccezionale. Per me un capolavoro.”
Maestro Lorenzo Imporati
Pianista poliedrico e di estrazione jazzistica:
“Ho ascoltato parecchie volte la Messa da Requiem di Ciato ed ho provato sempre le stesse emozioni. Spesso sono rimasto sbalordito dall’armonizzazione, bellissima, moderna ed inaspettata, se rapportata al genere. Come sono rimasto a volte esaltato dalla possente musicalità che emerge in ogni brano. Andrebbe tradotta in immagini”.
YUNKYU KIM
Tenore coreano:
“La Messa da Requiem di Ciato è un dramma religioso antico e moderno”.
Maestro Mauro Bravi
Direttore dei corsi musicali e presidente dell’Associazione “La Città Sonora” di Garbagnate Milanese-Saronno (Milano – Varese):
Gentile Maestro Ciato, ecco alcune mie considerazioni per la realizzazione di uno spettacolo con le musiche del Suo ultimo lavoro compositivo, Messa da Requiem. Primo punto: l’arrangiamento degli archi è di così buon livello che non sentirei la necessità di un’orchestrazione originale, ma grazie all’ausilio dei computer e delle tecnologie userei le stesse basi per la realizzazione dal vivo. Invece ritengo molto interessante la parte delle percussioni per la quale non rinuncerei all’uso dei musicisti e la realizzerei dal vivo insieme a quegli strumenti che hanno parti solistiche. Il tutto dovrebbe ridurre gli esecutori a non più di una decina. Stessa valutazione farei per il coro, userei la base e dal vivo basterebbero le voci soliste. Secondo punto: Il tutto sarebbe invece rafforzato e avrebbe un maggior interesse da parte del pubblico se fosse supportato da immagini trasmesse in diretta accompagnate dalla musica, non per ridurne l’importanza mettendo la musica stessa in secondo piano, ma per rafforzarne l’impatto, visto che la tessitura musicale e il carattere dell’opera si avvicinano per gusto e per esperienza al mondo dell’arte visiva (cinema, musical e teatro). Le immagini verrebbero trasmesse su di uno schermo e sul palco vedrei la disposizione a semi cerchio dell’orchestra da camera e del tecnico audio che gestirebbe le basi. Inoltre, non rinuncerei alla spiegazione sentita nella registrazione con voce fuori campo anche al concerto. Complimentandomi ancora per il risultato finale della registrazione del Suo Requiem, colgo l’occasione per porgerLe, Distinti Saluti Maestro Mauro Bravi
Maestro Valerio Ruggiero
Corista, esperto della tecnica di suono delle campane a tastiera ligure, direttore d’orchestra:
“La Messa da Requiem di Ciato è un autentico capolavoro! Composta da un laico, ha accresciuto in me la già naturale fede!”
La Messa da Requiem
brano per brano
Durata circa dieci minuti. L’introduzione parte con una serie di accordi laceranti eseguiti con gli ottoni. L’autore cerca di descrivere l’immaginario, drammatico senso della morte puramente fisica, situazione che si trascina per una serie di misure che, gradualmente, tendono a decrescere, accompagnate da una “lamentosa” e significativa campana. Il pianoforte chiude questa introduzione con i medesimi accordi dei fiati. L’ultima nota finale del pianoforte è volutamente allungata e segna la fine del drammatico evento. Subito dopo entrano, lontani, gli archi che disegnano l’inizio di un altro mondo, di un’altra dimensione. Il primo intervento vocale è fatto da un Coro lontanissimo, come venisse da catacombe, da tempi antichissimi. Quest’ultimo andrà man mano crescendo sino all’intervento dell’Officiante, cioè colui che darà il via alla preghiera, praticamente il primo tema. All’Officiante si uniranno, poi, tutte le altre voci corali e soliste. Il tema viene sviluppato come ci fossero due cori che si intersecano e si inseguono, come a creare una sorta di contrapposizione. L’intento è di dare un senso di universalità alla questione. Segue una parte centrale dove la contrapposizione è fra i vari solisti ed il Coro medesimo. Subito dopo parte un tema per sola orchestra che tende a creare un senso di trascendenza, di elevazione e che sarà il più importante intervento d’orchestra dell’intera Messa. È un momento stupendo del brano e altrettanto bello è il tema iniziale, così come da brividi è l’interlocuzione del Coro che, quasi imitando i rosari serali legati alle tradizioni funebri, risponde con un suo linguaggio, vagamente indistinto. Dopo l’orchestra, si torna al lontanissimo Coro iniziale e alla ripresa del tema di apertura; cambia solo il testo finale affidato ai vari “kyrie”.
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Stante la sua stesura incentrata su ben sei testi, dura circa diciotto minuti. Per queste ragioni è stato diviso in due parti. É il brano più lungo e più drammatico dell’intera Messa. Parte con interventi del Coro di grande impatto sonoro. Sono squarci con stupendi flash interpretativi legati al grande senso biblico del testo. Qui i timpani, il Coro, gli ottoni, i suoni, sembrano voler ‘terremotare’ i cieli. A questi drammatici e poderosi interventi corali si alterneranno parecchi recitativi fra solisti che, a differenza di molti altri usati nella lirica, avranno a loro supporto tutta un’armonizzazione molto moderna e d’impatto decisamente teatrale, che caratterizzerà in modo decisivo il loro succedersi. La seconda parte è incentrata su un tema dolcissimo e fascinoso eseguito dal Coro femminile e punteggiato da un geniale intervento in italiano del baritono, cioè l’Officiante. Il finale del brano è assolutamente di lirica e drammatica bellezza, con soprano e tenore impegnati in una difficile esecuzione vocale di profondo significato musicale.
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Bellissimo e con parecchie invenzioni musicali. Dopo un inizio dove l’ambientazione si ispira ai luoghi del Medio Oriente dove Gesù è nato, si arriva ad una parte centrale dove alle varie frasi dei solisti baritono e tenore risponde imperiosamente un Coro maschile incalzante che rimarca tutte le varie fasi del testo. Ad un certo punto, però, parte una soluzione moderna, sia ritmicamente che armonicamente, che farà confluire la musica in un finale importante.
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Su un testo cortissimo si dipana una musica ondivaga, fatta di brevi situazioni musicali, sino alla parte centrale. Qui inizia un lirico tema eseguito dall’orchestra, con qualche intervento del Coro e del baritono che si integrano nel tema principale, sino all’esplosione dello stesso Coro nel tratto finale per ripiegare dolcemente nelle ultime battute.
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A suo modo geniale! Partenza con due pianoforti impegnati in una introduzione di gusto jazzistico. L’autore trascina il discorso musicale per un po’, legandolo alle pochissime parole del testo e lo fa con una varietà inventiva notevole per sfociare, a metà brano, in un tema stupendo interpretato dal soprano e dal Coro. La parte finale potrebbe sembrare una colonna sonora. Forse il brano più moderno e sinuoso della Messa.
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É il brano conclusivo. L’autore lo inizia con un tema uguale a quello del Requiem. É un vero e proprio richiamo voluto. L’intendimento è l’unitarietà dell’ispirazione globale. Subito dopo, il tema segue uno degli sviluppi musicalmente più affascinanti del lavoro dove, sopra un’armonizzazione ardita, solisti e Coro si catapultano letteralmente in una delle interpretazioni musicali più suggestive e drammatiche. Farà seguito una geniale invenzione dove, su un bellissimo tappeto musicale, il testo smette di essere musica ma diventa parola, il tutto affidato all’Officiante, baritono. Questa parte centrale si ripeterà con un testo diverso per sfociare in un finale di grandissima, emozionante tristezza collettiva. Un capolavoro!
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Ciato ha ritenuto doveroso fare alcuni ringraziamenti:
“Un grazie a tutti gli appassionati che vorranno ascoltare questo stupendo e colossale lavoro e un grazie davvero speciale all’amico
ANDREA TRAPASSO
compositore e fonico eccezionale che per anni ha contribuito alla sua complicatissima realizzazione”.
Sala di registrazione
L’ARTE DEL SUONO
via Donizetti 21 Cantù (Como).
Produzioni video e cinematografiche, musica e canzoni
andrea@artedelsuono.com
“Infine, un grazie infinito all’amico Raffaele Bracciali per il suo fondamentale contributo economico al progetto”.
Gli interpreti della Messa da Requiem:
CORO
Il Coro, come già detto, ricopre il ruolo più importante: vero protagonista della Messa insieme all’orchestra.
ARNALDO CIATO
É lo stesso autore che nella Messa ricopre il ruolo dell’Officiante.
JAE HEE KIM
Mezzosoprano, si è laureata in canto nel 1994 all’Università Shung-Shin di Seul ed ha conseguito il diploma al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma nel 2002. Si è perfezionata presso il Laboratorio Lirico dell’Arts Academy di Roma nel 2003. Ha vinto diversi concorsi e preso parte agli allestimenti di opere barocche e contemporanee. Il suo repertorio è molto vasto: da De Falla a Monteverdi, da Puccini a Mozart, a Verdi. Ha realizzato concerti liederistici e recital in Italia, Germania, Austria e Sud Corea. È stata professoressa di canto all’Università Chung Un in Sud Corea. Attualmente è solista dell’Italian Opera Ensemble e docente presso l’Associazione “La Città Sonora” di Garbagnate Milanese – Saronno (Milano – Varese).
YUNKYU KIM
Tenore, si è laureato in Educazione Musicale presso l’Università Sungkyul in Sud Corea. Si è diplomato in Direzione di Coro presso l’Accademia G. Donizetti di Masate (Milano).
Ha cantato nel ‘’Messiah’’ di Handel, ‘’Paulus’’ di Mendelssohn,
ne ‘‘Im Anfange schuf Gott Himmel und Erde” da “La Creazione” di Haydn, nella ‘‘Sinfonia No.9’’ e nel ‘’Solemnis’’ di Beethoven, ne “L’Elisir d’amore” di G. Donizetti, ne “La Traviata”, l’“Aida” e “La Forza del Destino” di G. Verdi, in “Cavalleria Rusticana” di P. Mascagni, nei “Pagliacci” di R. Leoncavallo, ne “Il Flauto magico” di W. A. Mozart.
Attualmente frequenta il Conservatorio A. Boito di Parma.
I Notturni
Anni ’50, ’60, ’70, ’80, ’90
Musica d’ambiente, o sovente definita come ‘musica descrittiva’, i Notturni sono fra le pagine più importanti e più belle di tutto il materiale compositivo di Ciato. Purtroppo, per avvenuti contrattempi, i brani non hanno potuto essere realizzati in una sala di registrazione e con la formazione prevista: pianoforte, bandoneòn, basso e batteria. Volevano essere un omaggio ad Astor Piazzolla (deceduto nel 1992) con il quale Arnaldo Ciato aveva registrato, come pianista, l’LP “Chador” a Milano nel 1978; infatti per molti di questi notturni è stato previsto l’uso del bandoneòn o della fisarmonica. Di queste composizioni è rimasta solo una musicassetta dove Ciato si è auto-registrato con mezzi di fortuna e con un piano verticale non perfettamente intonato, perché l’intenzione era quella di realizzare solo una guida per gli altri esecutori. Durante le parecchie prove con il quartetto l’atmosfera era risultata di respiro internazionale. Questa preziosissima musicassetta è stata ritrovata e digitalizzata, quindi ora siamo in grado di farvela ascoltare almeno nei suoi risvolti musicali. Chi ha assistito alle prove del quartetto ha confermato che alcuni di questi notturni rappresentano degli autentici capolavori. Naturalmente le sole esecuzioni di Ciato al piano non possono che dare una fisionomia molto parziale di questi brani; in origine erano una quindicina ma ne abbiamo recuperati solo nove.
Un eventuale musicista che decidesse di ascoltare questi brani potrà intuire o avvicinarsi più facilmente all’atmosfera e alla struttura musicale dei Notturni, grazie ad alcune note importanti spiegate qui di seguito. Ci si potrà a volte imbattere in brani che prevedono l’esposizione dei temi con il pianoforte, con varie sovrapposizioni del bandoneòn ed altri in cui il tema sarà svolto dal bandoneòn stesso con il sottofondo armonico del piano, fino a brani in cui il tema sarà eseguito all’unisono. In tutte le parti dove il pianoforte fa solo accompagnamento armonico si vuole intendere che, sopra di esso, qualcuno stia improvvisando. Naturalmente il gusto delle improvvisazioni ha uno stile jazzistico.
I solisti, oltre al piano (esattamente quello che ascoltiamo) sono il bandoneòn e il basso. La batteria ha la funzione di supporto ritmico. Anche alcune delle battute vuote sono riempite dal solo basso o dal solo bandoneòn.
Purtroppo, dopo tutto questo lavoro e decine di sessioni di prove, nel 2001 Ciato venne ingaggiato per la realizzazione delle musiche delle riviste della Compagnia Teatrale “I Legnanesi”, e per circa vent’anni non ebbe più il tempo di portare avanti questo progetto.
Si spera, in qualche modo, di poterlo completare grazie al ritrovamento di questa musicassetta.
NOTTURNO VALSE (1999)
Così lo presenta l’autore: “Notte solcata da livide luci, un suono di musette che sale dagli spenti camini sino alle lontane stelle di un’estate qualunque e sopra un prato sgualcito, dove non c’è quasi più nessuno, se non la trasognata atmosfera di periferia di una Parigi notturna. Gira stancamente una vecchia giostra, gira ormai sola con qualche rara coppia intristita dall’ora e dalle lunghe ombre della sera, gira ad intervalli sempre più lunghi, insistiti… ed il cigolio delle sue ripartenze, prima lente, poi arrancanti, poi più veloci, ne scuote il respiro… e ti chiedi: ce la farà per l’ultima corsa?”.
DIALOGO NOTTURNO DI DUE PARACARRI SUL TIBIDABO
Nel periodo in cui l’autore lavorò con la sua orchestra a Barcellona intenso fu il coinvolgimento nell’atmosfera catalana, così una notte nacque nella sua mente una fantastica immagine di un ipotetico e stravagante dialogo fra due paracarri, “padre e figlio”. Sulle ali della fantasia Ciato mise in musica questa paradossale rappresentazione dandole una particolare struttura: dopo una brevissima introduzione il paracarro “padre” (bandoneòn o fisarmonica) detta un tema musicale che subito viene ripreso dal paracarro “figlio” (pianoforte). Tutta la parte tematica vede i due protagonisti impegnati a rilanciarsi frammenti musicali come in un gioioso botta e risposta. Qualche volta procedono all’unisono. La fine della parte tematica ha un sapore più malinconico ed è il “figlio” a dettare il tema, ripreso poi dal “padre”. Nella sezione centrale, invece, prevale la parte solistica. Qui è il basso ad incarnare il ruolo del “padre”, al posto del bandoneòn. Sarà infatti il basso a dare il via, suggerendo in poche misure il tema da sviluppare, ed il “figlio” (pianoforte) detto fatto afferrerà il bandolo della matassa e lo svilupperà per un buon tratto, lasciando al “padre” (basso) il compito di concluderlo. Alla fine i due riprenderanno il tema iniziale.
NOTTE CERIANESE (1998)
L’autore descrive musicalmente le sensazioni vissute ascoltando le voci soffuse, i respiri, i tumulti interiori ed i silenzi di una notte trascorsa camminando solitario fra i boschi e i campi del suo paesino. Questa composizione si apre con il solo pianoforte, accompagnato poi nella parte centrale, quando dall’ispirazione classica si confluisce quasi senza soluzione di continuità in quella jazzistica, anche dal basso e dalla batteria, per poi chiudersi di nuovo con il pianoforte che riprende, da solo, il tema iniziale.
NOTTURNO PER PIANO E BANDONEÒN (1985)
Brano molto classicheggiante. Il tema è affidato nella prima metà al pianoforte a cui si aggiunge, nella seconda metà, anche il bandoneòn (o fisarmonica). Inizialmente il compito del bandoneòn è quello di contrapporre al tema espresso dal pianoforte una serie di veloci figurazioni di segno completamente diverso, quasi in forma jazzistica, una sorta di contraltare alla classicità del brano. Le due cose si completano a vicenda dando luogo ad un curioso dialogo. Come in altre occasioni la parte centrale assumerà un rilievo jazzistico maggiore.
LES PLANETS DE LA NUIT (1962)
È un’immaginaria visione notturna di strani e sconosciuti pianeti che si rincorrono nell’immensa oscurità del cielo. Ciò avviene in modo frenetico, a volte gioioso, a volte minaccioso. Dopo un lungo percorso musicale fra questi fantastici accadimenti, tutto sparisce all’improvviso e l’immagine plana su un pianeta misterioso, silenzioso, come avvolto nella nebbia e pieno di un indescrivibile e malinconico fascino. Da qui un tema musicale completamente diverso che accompagnerà l’esecuzione sino alla fine. Un tema trasognato che – dice l’autore – sembra ammantare l’incantata superficie. È come se la stessa musica riverberasse sul pianeta lo stupore e la magia dell’infanzia e di un sogno perduto.
MEMORIES OF LITTLE BUBU (ma non era un cane) (2001)
È un’intensa elegia per la morte di un cane. Bubu era un bastardino intelligentissimo, una specie di bobtail di medie dimensioni. Trovato per strada, vittima di un incidente, visse con l’autore per almeno 12 anni. Così lo presenta Arnaldo Ciato: “Bubu non era un cane. Il mio rapporto con lui non prevedeva smancerie giornaliere. Ci guardavamo lungamente e silenziosamente, capendo tutto l’uno dell’altro. I suoi occhioni scuri e umanissimi ed i suoi strani lamenti quando lo fissavo intensamente, come se volesse parlarmi, mi indussero a credere che Bubu fosse qualcosa di più di un cane. Dopo la morte, di vecchiaia, l’ho messo in una piccola bara e sotterrato nel mio bosco vicino alla casa dove abito. Ci parliamo tutte le notti”.
AUTUNNO A MILANO
Composizione dedicata allo stupendo “grigiore” di un ottobre in una Milano dove, oltre alle solite foglie cadute e al cadenzato spegnersi della luce del giorno, si avverte un generale e naturale senso di intristimento che avvolge le stesse mura della città. Questa atmosfera addolcisce tutto e crea una malinconica ispirazione musicale intrisa di poesia.
MEZZANOTTE IN PAESE (1948)
È il più “antico” dei notturni di Ciato. Nasce dopo la scoperta di Ciato dell’Impressionismo musicale francese quando a diciassette anni mette nel programma d’esame pianistico il preludio di Debussy “Des pas sur la neige”, colpito dalla magica immagine dei “passi sulla neve” scolpiti da quel preludio. Investito profondamente da quelle armonizzazioni e dalle immagini che le caratterizzano, decide di provare a musicare un altro tipo di visione e colorare un altro quadro. Nasce così questo notturno, che racchiude in sé tutte le possibili, immaginarie e indecifrabili voci di un simile contesto. L’autore “fotografa” un paesino di campagna d’altri tempi, il suo, abitato da poco più di duemila anime ed ascolta e convoglia, nelle sue buie e deserte stradine, il rintocco di mezzanotte del campanile, amplificando tutta la liricità notturna di quella suggestione. É sicuramente il più “debussiano” e giovanile dei notturni.
REMEMBER RAG IN THE NIGHT
Si tratta di un ragtime vivacissimo. Il ragtime era un genere pianistico all’interno del jazz che coprì uno spazio di circa trent’anni dalla fine dell’‘800 ai primi del ‘900.
Per il pianista è tecnicamente difficoltoso ma estremamente affascinante ed esaltante. Siccome queste esecuzioni avvenivano in America nelle “boîtes”, locali notturni tipici dell’epoca, ecco che Ciato decide di mettere questa sua composizione nei Notturni e di chiudere con questo brano dall’atmosfera elettrica l’intera serie.
Gli esecutori
Qui di seguito i nomi e le foto degli esecutori, alcuni dei quali molto giovani, che hanno deciso di cimentarsi in questo meritevole lavoro di recupero e che si prefiggono di trovare un modo per registrare tutti i brani, con l’organico previsto dall’autore.
MARIANNA MOIOLI
pianoforte
Cresciuta circondata dalla musica e dai musicisti – chi per professione, chi per passione – Marianna inizia lo studio del pianoforte, per gioco, a 5 anni. Scopre poi che quello strumento è potenzialmente un’orchestra con cui inventare suoni, brani, canzoni. A 11 anni inizia il percorso in Conservatorio e nel corso degli studi si appassiona alla musica da camera e all’approfondimento dell’armonia: la condivisione del momento musicale e l’attenzione al sottobosco armonico di ogni brano diventano da allora elementi decisivi nelle sue scelte, pianistiche e non. Collabora con Yamaha Music Europe come pianista (Frankfurt MusikMesse 2016) e come Key Teacher (formatrice per insegnanti) insegna nelle scuole di musica con il metodo Yamaha e nelle scuole dell’obbligo con la linea pedagogica Orff-Schulwerk (trienno di formazione c/o Donna Olimpia a Roma). Negli anni 2014 e 2015 collabora con la Fondazione Orchestra Sinfonica di Sanremo per ideare e presentare, come voce recitante, una storia per bambini ispirata a musiche dal repertorio classico (Ravel in particolare) eseguite dal vivo presso il Teatro del Casinò di Sanremo. Nel 2016 viene selezionata per partecipare alle Clinics della Berklee College of Music di Boston a Umbria Jazz durante il Festival, dove studia con il pianista jazz Kevin Harris. Appassionata di scrittura e arte contemporanea, trova nella natura e nella bellezza quotidiana le sue fonti d’ispirazione.
FLAVIANO BRAGA
Bandoneòn – Fisarmonica
Si avvicina alla musica in tenera età cantando accompagnato dal padre, fisarmonicista per diletto, e sviluppa così la passione per la fisarmonica.
Inizia gli studi all’età di sei anni sotto la guida del Maestro Mario Radice che lo fa partecipare a diversi concorsi Internazionali, riportando significativi piazzamenti. Fondamentale nella sua formazione è l’incontro con Eugenia Marini, straordinaria fisarmonicista. È considerato uno dei più versatili e intensi fisarmonicisti nel panorama nazionale, eclettico, raffinato, capace di spaziare tra i generi più contemporanei pur conoscendo a fondo la tradizione. Nel ‘92 inizia una lunga collaborazione con Livio Gianola, eccezionale chitarrista e compositore e con lui realizza numerosi concerti e tournée in Italia e all’estero nell’ambito del flamenco.
Collabora con Max De Aloe da oltre quindici anni spaziando dal jazz al tango.
Ha suonato con vari musicisti come Arnaldo Ciato, Iva Zanicchi, Eugenio Finardi, Marco Detto, Stefano Bagnoli, Marco Ricci, Giovanni Giorgi, Francesco D’Auria, Giuseppe Canone, Flavio Minardo, Simone Mauri, Meno Porcu, Claudio Taddei, Antonio Canales, Oscar De Los Rejes, Cristina Benitez, Mara Terzi, Antonio Davi, Roberto Olzer, Tazio Forte, Cecilia Gomez, Marco Berti.
Ha suonato in numerosi Festival in Italia, in quasi tutti i Paesi europei, Turchia e Giappone, dove si è esibito nei più importanti teatri del Paese, come il Tokio Bunka Kaikan, Kobe Kokusai Hall, Festival Hall di Osaka.
Nel 2010, affascinato dal tango, intraprende un nuovo e stimolante percorso musicale con il bandoneòn.
FABIO DE MARCH
basso
Si avvicina fin da bambino al mondo musicale grazie al padre batterista. Dall’età di sei anni studia chitarra e pianoforte per poi dedicarsi definitivamente verso la fine degli anni ‘60 allo studio del basso elettrico. Dall’inizio degli anni ‘70 suona in vari gruppi pop-rock con alcuni dei quali accompagna in tour diversi cantanti di musica leggera ed altri con cui apre i concerti di vari gruppi “progressive” tra i quali Orme, Osanna, Banco ecc.
Nel ’74 inizia lo studio del contrabbasso presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano sotto la guida del Maestro Ezio Pederzani e parallelamente approfondisce gli studi sull’armonia jazz e sulla tecnica strumentale.
Entrato a far parte del Jazz Club Gallarate si distingue come accompagnatore dei solisti ospiti del locale, tra i quali Tony Scott, Franco Ambrosetti, Stefan Grossman, Franco D’Andrea, Claudio Fasoli ecc.
Inizia quindi l’attività professionale prevalentemente in qualità di “free lance” alternando il jazz, la musica leggera, l’attività concertistica e quella didattica.
Un artista poliedrico la cui carriera è costellata da collaborazioni importanti sia in Italia sia in ambito internazionale. Ha suonato con grandi jazzisti e partecipato, dal 1985 al 2014, a importanti festival e rassegne dedicate al jazz. Ha fatto parte di moltissime big band tra cui Mallets, Brushes and more, Artist’s Dream Project (with Lars Jansson), Wally’s Big Band di C., Big Band Parade, Dino Siani Big Band, Ciato’s Big Band, e molte altre. Ha lavorato a svariate produzioni radio-televisive. Nell’ambito della Musica Leggera e il Teatro ha accompagnato I. Zanicchi, T. Dallara, Jenny B., Magic Music Circus, N. Midani Show, W. Chiari, B. Martino. Con i Ciato and Ciato’s ha partecipato agli spettacoli “Omaggio ad Edith Piaf”, “Da Vienna a Broodway”, “Spirituals, Gospels and Worksongs”, “I Legnanesi”.
Ha arrangiato e orchestrato per il Teatro e collabora o produce in qualità di musicista, autore ed arrangiatore con molte etichette discografìche e gruppi editoriali.
Ricchissima la discografia jazz e di musica tra cui Live in St. Vincent – Ciato’s Big Band-Omaggio a Benny Goodman – G. Tirincanti Group, Ciato Live at Capolinea- e Sentiero -Arnaldo Ciato Orchestra-.
FABRIZIO FERRARA
batteria
Prende in mano le bacchette all’età di 4 anni per iniziare poi gli studi, tre anni dopo, alla Civica Scuola di Musica di Cinisello Balsamo (Milano). Nato in una famiglia di musicisti, seppur non professionisti, cresce ascoltando swing delle grandi big band americane, jazz e successivamente avvicinandosi al pop. Grazie ai genitori, che facevano parte della band “Ciato and Ciato’s”, ha l’opportunità sin da piccolo di vivere in prima persona il vasto mondo musicale del Maestro Ciato, ascoltando prove e concerti e iniziando successivamente ad accompagnarlo occasionalmente per serate con un piccolo gruppo. Conclusi gli studi alla Civica, prosegue la didattica con Giorgio Di Tullio addentrandosi in generi quali fusion e latin-jazz, che inizierà poi a suonare col suo gruppo “Hot Dogma”. Gli anni di studi presso la Civica gli fecero conoscere il Maestro Paolo Favini con cui collabora ormai regolarmente dal 2009 e grazie al quale nel 2019 avrà l’opportunità di suonare con Eric Marienthal, sassofonista della “Elektric Band” di Chick Corea. Nel dicembre dello stesso anno accompagna la cantante Karima nell’orchestra “Evolution Band” di Paolo Favini e diretta dal Maestro Maurizio Dones. Altra importante collaborazione avviene nel 2017 quando suona col chitarrista Luca Colombo nel concerto “Sunderland” per la presentazione dell’omonimo disco. Negli anni di collaborazione col gruppo di percussionisti “Vulcanica” partecipa come ospite a programmi televisivi in Rai e Mediaset e dal 2013 lavora occasionalmente come sostituto di Stefano Re. Dal 2008 affianca l’insegnamento alla vita concertistica.
Musica da film
Nelle musiche di Ciato è possibile identificare alcuni brani come musiche da film.
“Aria per Elisa”, “Long way to the sacrifice” e anche alcuni Notturni possono prestarsi ad essere colonna sonora di immagini di vario genere in quanto sono musiche descrittive.
Il Ciato
Sgombriamo subito il terreno soddisfacendo una curiosità di molti: Ciato è un nome d’arte adottato dall’artista dopo essere stato casualmente chiamato così da ragazzino. Viene da un antico termine dialettale, “Ciatan”, poi trasformatosi in una forma più ingentilita e italianizzata, Ciato. Il significato recondito era, all’epoca, quello di “bonaccione”! Questo pseudonimo accompagnerà l’autore per tutta la vita e si legherà al suo nome indissolubilmente: tutti, infatti, lo conoscono come Arnaldo Ciato e ancora oggi in pochissimi sanno quale sia il suo vero cognome.
“Questa è la normale storia di un musicista, descritto e considerato da altri musicisti della stessa generazione come potenzialmente uno dei più importanti della seconda metà del secolo scorso, relativamente alla musica leggera, notturna e ‘solitaria’, anche per la sua lunga e caparbia battaglia volta ad inserire nella musica leggera una possibile fusione fra il linguaggio classico e quello jazzistico. I musicisti che hanno ascoltato le sue composizioni hanno dato di esse questa definizione: «grande musica d’ambiente, descrittiva, molto vicina ad un romanticismo moderno mantenuto in un percorso di mezzo secolo». Purtroppo, però, il Ciato è anche uno dei musicisti più sconosciuti in rapporto al suo valore reale.”
(Questo virgolettato è stato estratto dal volumetto “IL CIATO”, che mette a fuoco sinteticamente il percorso musicale dell’autore. Chi volesse continuarne la lettura, potrà scaricarlo in pdf al seguente link) link
Altro
Dato che le musiche di Ciato sono numerosissime e coinvolgono generi musicali completamente diversi tra loro (jazz, rock, pop, funk, soul, R&B), ci ripromettiamo, appena ne verremo in possesso, di inserirne alcune, anche fuori contesto, in una nuova sezione di questo sito.
Per richieste o spiegazioni in merito ai contenuti di questo sito, è possibile scrivere a arnaldo.ciato@gmail.com
Ringraziamenti
“Un grazie affettuoso a
MARIA GRAZIA GOTELLI
per alcuni anni cantante appassionata della “Ciato’s Big Band”, bravissima giornalista ed insegnante, che con grande sensibilità si è assunta l’impegno importante di rivedere e tradurre in inglese il complesso testo di questo sito” (Ciato)
Insegnante di inglese, in Italia e all’estero, certificata bilingue, giornalista free lance iscritta all’Albo, traduttrice di materiale didattico e pubblicazioni culturali, in passato per molti anni cantante e autrice della parte letteraria, iscritta alla SIAE.
mgraziagotelli@libero.it